Francesco Guccini - Shomèr ma mi-llailah

Perla nera dell’album Guccini 1983, Shomèr ma mi-ilailah, è un inno all’eterna condizione umana di ricerca, al continuo interrogarsi, una poesia celebrativa della grandiosità della psiche di ogni uomo, la potenza del suo librarsi, la frustrazione della sua impotenza, la fermezza della sua perseveranza. L’espressione ebraica nel titolo – tratta da Isaia 21,11 – significa “Sentinella, a che punto è giunta la notte?”: al di fuori del taglio politico-sociale che caratterizza la produzione dell’autore, rivela un esoterismo che descrive profondamente l’animo umano, prescindendo da qualsivoglia connotazione ideologica. Riprendendo le parole del profeta che racconta la distruzione di Babilonia, la canzone dipinge un’ambientazione vacua, un territorio indeterminato, silente, piombato in un’oscurità dimentica del giorno di luce passato.

 ESCAPE='HTML'

D’improvviso, si staglia la figura di una vedetta: a un viandante che le ripete con fare liturgico “a che ora è la notte?”, lei risponde che questa sta per finire ma che il giorno non è ancora arrivato. La citazione biblica, la descrizione del vagabondaggio, l’uomo che s’interroga simboleggiano la più profonda caratteristica dell’animo umano, la curiosità intramontabile nei confronti dell’ignoto, una perpetua ricerca che si presenta in ciascun essere sotto mutevoli vesti («cerco, innocente o perché ho peccato, la luna ombrosa»).
Il canto celebra l’eccezionalità di questo desiderio, che porta l’uomo a cercare la strada nell’oscurità pur di poter seguitare a porsi domande. E il racconto abbraccia così anche l’altra faccia della medaglia, descrivendo il galoppo tumultuoso di un animo umano, che anela al raggiungimento di una conoscenza sempre più totale, poiché è condannato a essere perennemente scortato da un profondo senso di angoscia, che sfida il tempo («a che ora è la notte?») e alla consapevolezza della sua finitezza e di quanto siano irraggiungibili gli abissi di ciò che ancora appare oscuro.
A dichiarare amaramente l’assenza di una risposta ultima è la sentinella stessa, che con la sua rituale e ammaliante ripetizione va trasponendo il senso del quesito dalla certezza concreta al vagare stesso, dandogli il ritmo della scarsità del tempo e della miope lungimiranza: «ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà,/ che la risposta sull’avvenire è in una voce che chiederà».

 ESCAPE='HTML'

La risposta per comprendere tutto ciò che è stato, e sarà è solo il desiderio – nel suo più profondo significato etimologico di cercare soddisfazione in quel che manca –, l’indomabile sete di conoscenza. La frenesia generata dall’opposizione tra angoscia e pace viene aizzata dall’invito della sentinella a tornare, a non arrendersi, a persistere domando la stanchezza («ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete, ridomandate,/ tornate ancora se lo volete, non vi stancate»). La celebrazione di un desiderio tormentoso e intimo è accompagnata dall’auspicio dell’autore che, attraverso l’esortazione del profeta, invita a tenere accesa la fiamma, ché la voglia di comprendere e interrogarsi non sia mai appagata e continui a fluire liberamente, straripando in innumerevoli domande.

 ESCAPE='HTML'

Lo stesso protagonista indossa le vesti della sentinella, profeta, cantautore, uomo qualunque: definendosi «guardiano eterno di non so cosa», si presenta all’ascoltatore contemporaneamente come osservante dell’indagante moto umano e come ricercatore stesso, partecipe di un flusso e un destino comune: dai molteplici riferimenti religiosi – con la citazione biblica e il richiamo agli dèi – allo sguardo crudo su un tempo in cui «resteranno di uomini e di idee, polvere e segni» –, Guccini scardina i confini metafisici e riporta con l’arte un sentire profondamente umano che abbraccia la mente di ciascuno di noi.

(Sara Campo)

Il racconto del desiderio che non ci lascia mai prosegue con Coprifuoco delle Luci

Testo

La notte è quieta senza rumore, c'è solo il suono che fa il silenzio
e l’aria calda porta il sapore di stelle e assenzio,
le dita sfiorano le pietre calme calde d' un sole, memoria o mito,
il buio ha preso con sé le palme, sembra che il giorno non sia esistito...

Io, la vedetta, l’illuminato, guardiano eterno di non so cosa
cerco, innocente o perchè ho peccato, la luna ombrosa
e aspetto immobile che si spanda l’onda di tuono che seguirà
al lampo secco di una domanda, la voce d' uomo che chiederà:

Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
...

Sono da secoli o da un momento fermo in un vuoto in cui tutto tace,
non so più dire da quanto sento angoscia o pace,
coi sensi tesi fuori dal tempo, fuori dal mondo sto ad aspettare
che in un sussurro di voci o vento qualcuno venga per domandare...

E li avverto, radi come le dita, ma sento voci, sento un brusìo
e sento d' essere l’infinita eco di Dio
e dopo innumeri come sabbia, ansiosa e anonima oscurità,
ma voce sola di fede o rabbia, notturno grido che chiederà:

Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
...

La notte, udite, sta per finire, ma il giorno ancora non è arrivato,
sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato...
Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete, ridomandate,
tornate ancora se lo volete, non vi stancate...

Cadranno i secoli, gli déi e le dee, cadranno torri, cadranno regni
e resteranno di uomini e di idee, polvere e segni,
ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà,
che la risposta sull' avvenire è in una voce che chiederà:

Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
...