C.S.I.

Cupe Vampe

«Anni di guerra feroce sulle rive del mare Adriatico, morti, feriti, orrore; anni di viltà, di disinteresse o di altri interessi, di un qualche tornaconto anche enorme», si legge nel libretto dell'album Linea Gotica (1996), album dei CSI che contiene questo splendido testo, il cui titolo sta per “fiamme tetre”.
Nel 1992 è infatti iniziata la guerra civile in ex-Jugoslavia, con la Slovenia che «si dichiara indipendente e se ne va/ si raccoglie nella propria intimità/ proclama una totale estraneità», per riprendere “Depressione caspica”, sempre dello stesso gruppo.
La canzone racconta dell'incendio e della distruzione della Vijećnica di Sarajevo, l'ex Biblioteca nazionale che è stata ricostruita ed oggi è  adibita a Municipio comunale (ne avevamo parlato a proposito della canzone Coprifuoco de Le luci della centrale elettrica).

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Attento osservatore dell'epoca, Paolo Rumiz nel suo Maschere per un massacro ha scritto che «di tutte le distruzioni perpetrate a Sarajevo, la più folle, la più carica di sinistra forza metafisica, fu il bombardamento della biblioteca nazionale, un magnifico edificio moresco del diciannovesimo secolo, andato in fumo in trenta ore con le sue centinaia di migliaia di volumi […]. In quei volumi stava scritto che - assai più dei cattolici, costretti più volte alla fuga - proprio gli ortodossi vissero bene sotto l'Islam, ebbero in Costantinopoli la loro capitale religiosa esattamente come i turchi, e spesso si convertirono spontaneamente. Tutto questo doveva sparire, essere cancellato, distrutto con un grande fuoco purificatore.»
Questa è la storia che racconta la canzone.

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Siamo nella Sarajevo assediata da quasi cinque mesi – la città lo rimarrà ancora molto a lungo, fino al 29 febbraio 1996 in quello che è stato il più lungo assedio delle storia moderna, con la caduta di una media di oltre 300 missili ogni giorno e circa diecimila vittime. È la notte fra il 25 e il 26 agosto 1992, fa freddo  e la città trema – come una «creatura», come un bambino - per i colpi dei mortai sparati dalle colline circostanti. Questa volta hanno colpito la Vijećnica; la biblioteca comincia a bruciare insieme ai codici medievali portati dagli ebrei cacciati nel 1492 da una cattolicissima Spagna ossessionata dalla limpieza de sangre, dalla purezza del sangue. Sono gli stessi ebrei – si legge nel romanzo il Popolo del diluvio dello scrittore sarajevese Pedrag Finci – che fuggirono a Costantinopoli, alla corte del Sultano, con le chiavi di casa appese al collo, dicendosi “Un giorno torneremo”; ma gli unici a tornare,  cinquecento anni dopo, saranno solo alcuni profughi ebrei in fuga da Sarajevo.
E ora l'incendio divampa, si alzano «al cielo/ i roghi in cupe vampe» tanto che si vedranno a chilometri di distanza («s'alzano gli occhi al cielo»), distruggendo «i libri/possibili percorsi, le mappe, le memorie» contenuti nella «biblioteca degli Slavi del sud», cioè degli Jugoslavi, che Lindo Ferretti chiama correttamente «europei dei Balcani»; ma brucia anche «l'aiuto degli altri», si rompe, ancora e di nuovo, la speranza di una pacifica convivenza con ebrei e musulmani in questa maledetta Europa.

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La canzone chiude cambiando ritmo per descrivere la durezza dell'assedio, vissuto nelle «livide stanze» in cui bisogna avere«occhio al cecchino etnico assassino», in cui la vita è «sete e sudore», è passata «dentro un catino/bersaglio mobile d'ogni cecchino»; non c'è proprio «nessuna fortuna» a vivere a Sarajevo in quegli anni.  A “fotterci” - canta Lindo Ferretti – è non solo la propaganda nazionalista («la guerra che armi non ha») e l'integralismo religioso, rappresentato dai ministri cattolici ortodossi musulmani (« i preti i pope i mullah») ma anche l'ONU che rimane fermo di fronte all'orrore («ci fotte la pace che ammazza qua e là») e la NATO che pochi anni dopo bombarderà Belgrado. «Civiltà» fa rima con «viltà», ci suggerisce la canzone.
Il riferimento ai cecchini è in particolare al “Viale dei cecchini” (Snajperska aleja), il terribile modo in cui venne rinominata la Ulica Zmaja od Bosne, l'ampia strada della città intitolata al Dragone di Bosnia. Quando andrete nella bella Sarajevo, prestate attenzione sui muri ai segni dei proiettili dei cecchini appostati sui palazzi, notate sotto i vostri piedi le “Rose di Sarajevo“, tracce delle esplosioni delle granate lanciate durante l'assedio e oggi riempite di resina rossa.
E ricordate che questo è stato.

(Luca Cirese)

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Testo

Di colpo si fa notte
s'incunea crudo il freddo
la città trema
livida trema.

Brucia la biblioteca,
i libri scritti e ricopiati a mano
che gli Ebrei Sefarditi
portano a Sarajevo in fuga dalla Spagna

S'alzano i roghi al cielo
s'alzano i roghi in cupe vampe

brucia la biblioteca degli Slavi del sud,
europei dei Balcani
bruciano i libri
possibili percorsi, le mappe, le memorie,
l'aiuto degli altri

S'alzano gli occhi al cielo,
s'alzano i roghi in cupe vampe
s'alzano i roghi al cielo,
s'alzano i roghi in cupe vampe

di colpo si fa notte
s'incunea crudo il freddo
la città trema
come creatura.

Cupe vampe livide stanze
occhio al cecchino etnico assassino
alto il sole: sete e sudore
piena la luna: nessuna fortuna
ci fotte la guerra che armi non ha
ci fotte la pace che ammazza qua e là
ci fottono i preti i pope i mullah
l'ONU, la NATO, la civiltà

Bella la vita dentro un catino
bersaglio mobile di ogni cecchino
bella la vita a Sarajevo città
questa è la favola della viltà.

Traduzione serba

ЗАГACИTE ПЛAMEHИ
(Zagasite plameni)

Hа jeдан маx ce cмpкава
yвучe ce љyта зимa
Гpaд дpшћеMoдap град дpшће
Гope библиотека, pyчно пиcaне и пpeпиcaне књиге
коje cy Жидови ceфapди донели y Capajeво y бегy из Шпањoлcке
дигну ce ломаче небy
дигну ce ломаче y загаситим пламeнима
Гоpи књижapa Jyжноcлавена, Eвропљани Балкана
Горе књиге,
могyћe прyге, планове, ycпомене, туђа помоћ
дигну ce oчи небy,
дигну ce ломаче y загаситим пламeнима
дигну ce ломаче небy
дигну ce ломаче y загаситим пламeнима
Hа jeдан маx ce cмpкава
yвучe ce љyта зимa
Гpaд дpшће
кao jeдна кpeaтуpa

загаситe пламeни модpe coбe
Eтничо и paзбоjничко oко cнаjпериста
Bиcoко cyнцe: жеда и зноj
Пyн меceц: никаква сpeћа
jeбе нaм paт кojи нема opyжja
jeбе нaм миp кojи yвиje овде-oнде
jeбy нам пoпови, православни свећеници и мyлаји
OУН, HATO и цивилизациja
лепи живот y jeдном cyдoпepy
мобилни циљ
cваког cнаjпериста
лепи живот y граду Capajeвa
oва je баcна плашљивости.