Francesco De Gregori

Il Guanto

Tempo fa mi sono imbattuta in una serie di incisioni del pittore tedesco Max Klinger, Ein Handschuh (Un guanto) del 1878. L'opera narra una storia unica: la storia di un guanto perso da una ragazza su una pista di pattinaggio e recuperato da un giovane innamorato che si strugge per riconsegnarlo senza riuscirci, mentre il guanto ne passa di ogni sorta.

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«Un guanto precipitò da una mano indesiderata...», subito iniziai a canticchiare questa canzone del mio cantautore preferito. Ma c'è un nesso tra Max Klinger e Francesco De Gregori? È solo una strana intuizione? La scorsa estate, all'Anfiteatro di Taormina, la conferma viene proprio dal cantautore in persona. Già, perché, per comporre il brano “Un guanto”, De Gregori si è ispirato proprio a quelle incisioni, dandone sua interpretazione nel brano contenuto nell'album Prendere e lasciare (1996). Per inciderlo il cantautore vola negli Stati Uniti dal produttore Rustici, rimettendo De Gregori al centro della scena dopo quattro anni di silenzio discografico. «È un disco in prima persona - ha confessato l’artista al Corriere della Sera - io ci sto dentro. Biografico. Parla di me, di quello che mi è successo, di quello che ho visto».

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Il cantautore nel comporre questa canzone si è lasciato guidare dalla visione delle opere di Klinger, riuscendo a cogliere un’essenza di ogni quadretto, dedicando a ognuna una strofa che sembra dare voce e musica alla vicenda rappresentata. Una sfida tra la poesia della musica e la poesia delle immagini. “Un guanto” inizia con un arpeggio che assomiglia, come il cantautore stesso ammette, a quello di “With every wish” di Bruce Springsteen; ma si tratta di un plagio involontario perché De Gregori lo scoprirà solo al primo ascolto dell'album ultimato, per riprenderla poi in mano con il progetto "Viva Voce" del 2014.

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De Gregori segue così la storia di una ragazza che, mentre pattina sul ghiaccio, perde un guanto, forse volontariamente o forse accidentalmente; dietro di lei, un signore prova a raccoglierlo per poterglielo restituire, ma non riesce a raggiungerlo: «un gentiluomo, un infedele/ lo seguì con lo sguardo e stava quasi per raggiungerlo/ ma già troppo in ritardo». Il guanto fluttua attraverso la canzone, il protagonista lo segue, cerca di raccoglierlo ma il guanto, come fosse animato, scompare come la sua padrona. Seguiamo le strofe, che aprono sempre uno squarcio nuovo e un paesaggio diverso.

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La scena ora si sposta, la donna è «scivolata via»; l'uomo è devastato dal dolore di questo amore non raggiunto, si ritrova immerso nella sua solitudine e tormentato dalle sue paure più intime. La disperazione dell'uomo va oltre le pareti della stanza in una natura senza stagioni: «sotto un albero senza fiori/ si struggeva l'amore amato/ il guanto era a pochi passi», versi che paiono riprendere Il cielo in una stanza (1960) di Gino Paoli: «Questa stanza non ha più pareti/ ma alberi/ alberi infiniti».

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Vivere un amore contrastato è come affrontare un mare in tempesta: «un uomo da una piccola barca/ sporgendosi sul mare/ era un guanto che rischiava di annegare/ era un guanto che rischiava di affondare». L'amore rischia di consumarsi annegare affondare, può apparire irraggiungibile anche quando è a pochi passi da noi. La scena poi cambia nuovamente. L'uomo è a bordo di una barchetta che sfida le onde scure e grosse di un mare in tempesta; dopo aver visto il guanto galleggiare tra le onde, decide di recuperarlo affinché non sparisca per sempre nelle profondità.

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Sì, qualche volta riusciamo a fermare per un attimo il “guanto”: l’amore idealizzato ha vinto. I successivi versi parlano del trionfo dell'Amore rappresentato come «un trionfo di conchiglie/ un omaggio di fiori», mentre «milioni di rose/ rifluivano sul bagnasciuga». A racchiudere il senso della canzone e del significato dell’amore sono i versi «chissà se si può capire che milioni di rose non profumano mica/ se non sono i tuoi fiori a fiorire».

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Ma il sogno può anche trasformarsi in incubo; perché, cosa unica e speciale non può essere difeso dalle insidie, perché può prendere il volo verso un’altra direzione e non essere raggiunto: «e il guanto fu rapito, in una notte d'inchiostro/ da quel mistero chiamato amore/ da quell'amore che sembrava un mostro,/ inutilmente due nude mani/ si protesero a trattenerlo».

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De Gregori ci parla così dell’amore che fa perdere la testa, della voglia di raggiungere qualcosa senza però riuscirci: «E all’amore e alle sue pene/ il guanto si era già posato/ in quel quadro infinito, dove Psiche e Cupido governano insieme». E lo fa grazie a un guanto, simbolo della potenza dell'Amore.

(Sara Busato)

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Testo

Un guanto precipitò
Da una mano desiderata
A toccare il pavimento del mondo
In una pista affollata,
Un gentiluomo, un infedele
Lo seguì con lo sguardo
E stava quasi per raggiungerlo
Ma già troppo in ritardo
E stava quasi per raggiungerlo
Ma troppo in ritardo

Era scomparsa nella mano
E tutta la compagnia
E chissà se era mai esistita
Era scomparsa quella mano
E restava la nostalgia
E il guanto e la sua padrona
Scivolavano via
Il guanto e la sua padrona
Pattinavano via

Sotto un albero senza fiori
Si struggeva l'amore amato
Il guanto era a pochi passi
Irraggiungibile e consumato
In quella grande tempesta d'erba
Non era estate né primavera
E non sembrava nemmeno autunno
Però l'inverno non esisteva
E non sembrava nemmeno autunno
Perché l'inverno non esisteva

Quando un uomo da una piccola barca
Con un mezzo marinaio
Vide qualcosa biancheggiare
Un uomo da una piccola barca
Sporgendosi sul mare
Era il guanto che rischiava di annegare
Era il guanto che rischiava di affondare

Fu un trionfo di conchiglie
Un omaggio di fiori
Per il guanto restituito
Alla banalità dei cuori
A un spiaggia senza sabbia
A una passione intravista
A una gabbia senza chiave
A una stanza senza vista
A una gabbia senza chiave
A una vita senza vista
E intanto milione di rose
Rifluivano sul bagnasciuga
E chissà se si può capire
Che milioni di rose
Non profumano mica
Se non sono i tuoi fiori a fiorire
Se i tuoi occhi non mi fanno più dormire

Era la notte di quel brutto giorno
I guanti erano sconfinati
Come l'incubo di un assassino
O i desideri dei condannati
Dietro al Guanto Maggiore
La luna era crescente
E piccoli guanti
Risalivano la corrente
E piccoli guanti
Risalivano la corrente

Fino al Capo dei Sogni
E alla Riva del Letto
Dell'innocente che dormiva
Un mostro sconosciuto
Osservava non osservato
Sopra un tavolo il guanto incriminato
Sopra al tavolo un guanto immacolato

Ed il guanto fu rapito
In una notte d'inchiostro
Dal quel mistero chiamato amore
Da quell'amore che sembrava un mostro
Inutilmente due nudi mani
Si protesero a trattenerlo
Il guanto era già nascosto
Dove nessuno può più vederlo
Il guanto era già lontano
Quanto nessuno può più saperlo

Oltre la pista di pattinaggio
E le passioni al dì di festa
E le onde di tutti i mari
E il trionfo della tempesta
E le rose nella schiuma
Il guanto era volato
Più alto della luna
Il guanto era volato
Più leggero di una piuma

Oltre il luogo e l'azione
Ed il tempo consentito
E l'amore e le sue pene
Il guanto si era già posato
In quel quadro infinito
Dove Psiche e Cupido governano insieme
Dove Psiche e Cupido sorridono insieme