Franco Battiato
Di Passaggio
In ricordo di AMC
Sono parole di una lingua che ci pare incomprensibile quelle che sentiamo quando inizia “Di passaggio”, traccia di apertura dell'album L'imboscata (1996) di Franco Battiato, che lo pubblica a metà della sua carriera: è greco antico, un frammento di Eraclito, che recita: «La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi» (DK 22B88). Il cantautore, grande estimatore del mondo antico, lo cita, perché vuole ricordarci che πάντα ῥεῖ, che tutto passa, cambia, scorre, niente resta lo stesso; come recita la canzone «Non ci si può bagnare/ due volte nello stesso fiume», riprendendo un altro, più famoso, frammento di Eraclito. Ma a fare da riferimento privilegiato alla canzone, non è Eraclito, ma Giacomo Leopardi, molto più vicino, e nel tempo e nello spazio. Perché tutta la canzone è una ripresa e un ampliamento di tre versi di uno dei suoi più bei Canti, La Ginestra: «Caggiono i regni intanto,/ Passan genti e linguaggi: ella [la Natura] nol vede:/ e l'uom d'eternità s'arroga il vanto».
E così Battiato ci canta il passare del tempo per le persone – ora visto come il movimento veloce («i treni»), ora lento («i topi per le fogne») - come passare dei suoni («i pezzi in radio»), delle idee («le illusioni») delle nascite («le cicogne»): tutti invecchiano, non diventando per forza più saggi («non te ne fare un vanto»), perché «lo sai che tutto cambia/nulla si può fermare». Poi la canzone allarga lo sguardo, mostrando la caducità delle istituzioni («i regni»), del potere («i presidenti») e addirittura delle «religioni», che sono anch'esse effimere, facendo rima con «stagioni». E hanno fine anche «gli urlettini dei cantanti» - per la gioia di Battiato, perché «non è colpa mia se esistono spettacoli/ con fumi e raggi laser/ se le pedane sono piene/ di scemi che si muovono» (“Up Patriots to arms”, 1980); così «per noi che siamo solo di passaggio» finiscono, come gli umori, anche quello che non crediamo non finirà mai, amori e credenze («si cambia amore, idea, umore»); perché «niente dura per sempre, figurati io e te», per dirla coi Baustelle.
Poi c'è un repentino cambio di riferimento, è il testo ebraico Sefer Yetzirah (“Libro della Formazione” o “Libro della creazione”), in cui «soffia la verità», in cui è spiegato come il mondo è stato creato da Dio tramite i dieci sĕfirōt, «qualità, livelli o attributi – li definisce la Treccani - attraverso i quali l’infinito divino si rivela progressivamente nella realtà materiale», quelli che Battiato chiama «diametrali delimitazioni». Dodici sono nel testo esoterico le lettere elementari dell'alfabeto ebraico, che hanno dodici fondamenti tra cui «l'Informazione, il Coito, la Locomozione», dove il primo sta per i cinque sensi a fondamento delle rispettive lettere semplici; 7 invece sono le lettere alfabetiche doppie che se permutate ottengono 5040 combinazioni; ma se fossero 6, otterrebbero «settecentoventi case»: è proprio un'espressione che si trova nel libro, che mostra come calcolare usando l'esempio di “pietre” e “case”. Siamo insomma al calcolatore prima del calcolatore, al calcolo combinatorio, quello che oggi chiamiamo calcolo fattoriale, cioè il prodotto degli interi positivi in ordine discendente rispetto a quel numero, fino a 1; la sua formula è n! = n(n−1)...2‧1. Sic mundus creatus est.
E in questo mondo così creato tutto fluisce, anche i pasti («gli alimenti»), le nostre «voglie», i valori («i santi»), ma anche le cose che non ci stanno bene («i malcontenti»). Nel flusso non possiamo neanche prevedere i «cambiamenti di costume» che mutano come a noi «cambiano capelli, denti e seni», simbolo delle tre età della vita (vecchiaia, infanzia, maturità); e «intanto passa ignaro/ il vero senso della vita», dice ritornello di questo inno al divenire, che ci racconta che il cambiamento è una cosa bella e fondamentale. Perché il cambiamento può svelarci l'inatteso, quello che troviamo senza sapere di stare cercando: e dunque - ci insegna la canzone - quanto è importante imparare a vivere nell’incertezza, sapendo cogliere, apprezzare l’impermanenza e la bellezza dell’effimero.
(Luca Cirese)
Testo
E ταὐτό τ' ἔνι ζῶν καὶ
τεθνηκὸς καὶ ἐγρηγορὸς
καὶ καθεῦδον καὶ νέον καὶ
γηραιόν ̇ τάδε γὰρ
μεταπεσόντα ἐκεῖνά ἐστι
κἀκεῖνα πάλιν μεταπεσόντα ταῦτα.
Passano gli anni
i treni, i topi per le fogne
i pezzi in radio
le illusioni, le cicogne
Passa la gioventù
non te ne fare un vanto
lo sai che tutto cambia
nulla si può fermare
Cambiano i regni
le stagioni, i presidenti, le religioni
gli urlettini dei cantanti
e intanto passa ignaro
il vero senso della vita
Si cambia amore, idea, umore
per noi che siamo solo di passaggio
L'Informazione, il Coito, la Locomozione
diametrali Delimitazioni
settecentoventi Case
soffia la Verità
nel Libro della Formazione
Passano gli alimenti
le voglie, i santi, i malcontenti
non ci si può bagnare
due volte nello stesso fiume
né prevedere i cambiamenti di costume
e intanto passa ignaro
il vero senso della vita
ci cambiano capelli, denti e seni
a noi che siamo solo di passaggio
Εἴπας 'Ἥλιε χαῖρε'
Dicendo “Addio sole!”
Κλεόμβροτος Ὡμβρακιώτης
Cleombroto d'Ambracia
ἥλατ΄ἀφ΄ὑψηλοῦ
da un alto muro
τείχεος εἰς Ἀίδην,
si gettò nell'Ade
ἄξιον οὐδὲν ἰδὼν θανάτου
non gli era capitato alcun male
κακόν, ἀλλὰ Πλάτωνος
degno di morte; aveva solo letto
ἓν τὸ περὶ ψυχῆς γράμμ΄ἀναλεξάμενος
uno scritto, quello di Platone sull'anima.
(Callimaco, Epigrammi, XXIII)