Max Gazzè

Sotto Casa

Con testo e produzione dei fratelli Max e Francesco Gazzè, etichetta “Virgin”, il brano “Sotto casa" esce prima come singolo, poi come terza traccia dell’album sanremese omonimo, il quale si guadagna ben due Dischi di platino.

 ESCAPE='HTML'

Vince il ballottaggio con l’altro brano in gara alla 63a Edizione del Festival della Canzone Italiana: basti pensare che l’altro brano proposto, “I tuoi maledettissimi impegni” si aggiudica solo il 23% circa del totale dei voti per proseguire la gara. Arriva poi settimo al termine della manifestazione musicale.

 ESCAPE='HTML'

L’edizione del Festival di quell’anno ha lasciato vari segni nella memoria collettiva. Ci furono polemiche riguardo la coppia Fazio-Littizzetto alla conduzione, ma anche altre note salienti come il discusso intervento del comico Maurizio Crozza, la seconda partecipazione degli Elio e le Store Tese dal lontano 1996 e la nascita del “personaggio”, dal punto di vista più giocoso, del direttore d’orchestra M.o Peppe Vessicchio nei panni di spalla o vittima di alcuni sketch ideati dalla Littizzetto.

Ed è in questo più o meno discutibile contenitore -soprattutto- mediatico che spicca, tra gli altri, il pezzo di Gazzè, con il suo ritmo trascinante e moderno, caratterizzato dal giusto accostamento tra sonorità classiche e pop solo apparentemente “leggere” ed esplosioni elettroniche a manetta, insieme ad un volutamente farsesco gioco di effetti sonori inseriti qua e là (il ‘toc toc’ sulla porta, il campanello, le sirene di una volante della polizia).

Il tutto ad arricchire e nel contempo quasi ad indorare la pillola neanche tanto leggera dei temi trattati nel testo.

Max racconta in un’intervista:

《La canzone è uscita in un giorno in cui [io e mio fratello Francesco] stavamo scrivendo e hanno suonato alla porta […] due testimoni di Geova, li abbiamo aperto e abbiamo ascoltato quello che avevano da dirci. Abbiamo immaginato come sarebbe andata se nessuno avesse mai aperto la porta a questi due ragazzi e che a un certo punto avessero cominciato a parlare davanti ad una porta chiusa. Questo rappresenta la chiusura che c’è fra il mondo laico e religioso e anche fra le varie religioni. Non credere in nulla è altrettanto difficile ed impegnativo quanto credere》.

Ha successivamente aggiunto, a proposito del contenuto del brano:

《…è un invito al dialogo […] alla convivenza, al rispetto, alla diversità》.

Testo alla mano o, meglio ancora, ascoltando la canzone più attentamente, possiamo individuare un’ulteriore chiave di lettura: un sostanziale bisogno di una fede per l’uomo, che poi ognuno soddisfa a proprio modo, secondo la propria visione.

La fede può essere quindi nel Dio cattolico, nel Buddha, negli Dei dell’Antico Egitto, in Tex Willer… e chi più ne ha, più ne metta!

Ma anche nella Natura, o ovunque “nasce il Sole”, citando il brano, in una definizione più panteista.

Oppure, ancora, avere fede nella scienza o in ciò che è terreno.

Pur essendo fedeli al proprio credo si può e si dovrebbe essere aperti al dialogo e alla scoperta; ciò che i fratelli Gazzè dicono all’ascoltatore è questo: “apri la porta” - fisicamente e mentalmente - a chi vuole condividere con te la sua opinione, senza partire prevenuto. Certo, è giusto stare in guardia, ma aprire la mente indubbiamente fa crescere.

Nella versione live del tour del 2015 “Il padrone della festa”, che vede sullo stesso palco insieme a Max Gazzè, Nicolò Fabi e Daniele Silvestri, il pezzo è presentato brevemente con uno sketch in cui Fabi veste idealmente i panni del classico predicatore rompiscatole che alle “sei e mezza di domenica mattina” suona alla porta di Gazzè, il quale scocciato rifiuta, nonostante la motivazione del predicatore che “di fronte all’eternità ‘presto’ e ‘tardi’ non esistono ”.

Ma per calarci meglio nel significato della canzone può essere utile fare riferimento al suo videoclip ufficiale. Sono stati girati, infatti, due videoclip: uno che è appunto quello “ufficiale”, e un altro presente in rete con il sottotitolo “video ‘sotto’ ufficiale, sotto la Manica”, quest’ultimo girato, come suggerisce il nome, nel canale che collega Calais e Dover.

 ESCAPE='HTML'

Max nel video è un predicatore affetto da eterocromia (differente colorazione degli occhi) ed è accompagnato dal suo “compare”, interpretato dal figlio. Indossa il lungo pastrano nero portato anche sul palco dell’Ariston, e le sue unghie sono coperte di smalto, a opera della figlia - allora dodicenne - Bianca.

I due si trovano in un condominio, alla ricerca di nuovi proseliti, ma la panoramica è ristretta a due alloggi: uno, abitato da una famiglia (marito e moglie con il figlio e nonni), in cui i due riescono a insidiarsi e diffondere il proprio messaggio; l’altro abitato da un uomo solo, che sta appiccicato all’uscio, a dir poco terrorizzato dalla venuta del predicatore.

Vediamo poi delle ‘esterne’ in cui altre persone in strada ballano sulle note allegre del brano.

Il testo e il ritmo sono fin da subito caratterizzati da un ritmo e una cadenza incalzanti, che ci rimandano a chi bussa alla porta solo per “vendere” qualcosa, qualcosa di irripetibile, a brevissima scadenza, impossibile da rifiutare.

 ESCAPE='HTML'

Una volta aperto l’uscio parte la fiumana di domande a raffica che tendono, ovviamente, a mandare in confusione. Il predicatore prova a spiegare la situazione un po’ facendo un “mea culpa”, un po’ vestendo i panni di una sorta di avvocato del “Signore”. Chiede inoltre di mettersi nei “Suoi panni” per capire la difficoltà di gestione di così tante richieste e preghiere a livello cosmico.

《Possa la bontà del vostro cuore riscoprire che la verità / Si cela spesso dentro una persona sola / E non è tanto il sesso a consolare l'uomo dal suo pianto / Ma l'amore buono ed il perdono santo del Signore.》

Versi dal sapore clericale, da omelia, di quelli che dovrebbero incutere paura nel peccatore e indirizzare il credente per la retta via, e che ci ricordano di chi parla insistentemente del proprio credo.

《Lasci che le spieghi in due parole / Com'è facile sentire gli echi bassi ed immorali / Di comportamenti frivoli e meschini / Quali certi omini in abito da donna / La vergogna che neanche gli animali.》

Si fa riferimento ai comportamenti più aberranti e incoerenti, celati ed oscuri del clero. Basti pensare che nella versione live del brano, spesso si è visto sul palco un uomo vestito in abito corale, interpretando movenze allusive.

《Apri un istante e ti farò vedere io / Che nasce sempre il sole dove cerco dio / In tutti i poveretti che hanno perso / Il senso immenso della vita / Non chiedo mica un regno intero, dico io / Sono un indegno messaggero e cerco dio / In chi vendette onore per denaro / E ora nel cuore mette un muro.》

Il ritornello, dove troviamo il discorso centrale: non importa dove sta la tua fede o la mia, siamo innanzitutto uomini.

E il Dio - o, meglio, il “divino” - di cui abbiamo bisogno sta nel quotidiano, e non tanto nella ridicola ostentazione di un estremo atto di fede. Ciò che importa è il modo in cui guardiamo le cose che ci circondano.

《Lei non si dimostra Illuminato dalla grazia / Della vostra Santa Vergine Maria / Lo chiami pure, se ritiene / Il capo della polizia / Ma a chi conviene tutta quella baraonda / Se l'ozono si è ridotto a un colabrodo / E basta un solo farabutto / A fare in modo che dell'uomo non rimanga neanche l'ombra / E poi ficcatevelo in testa / Non si viene al mondo tanto per godere / Ma soltanto perché un bene superiore ci ha creati.》

È  quasi un atto di sfida, sicuramente uno sberleffo, la messa in ridicolo del classico “inquilino terrorizzato”, chiuso nelle sue ben poco solide quattro mura.

Non si tratta solo di concetti astratti, ma concreti. Di problemi e vergogne il nostro pianeta è pieno e tutti ne siamo responsabili.

Il “farabutto” le cui azioni troppe volte rendono assoluto il nostro giudizio (sul nostro pianeta, il cui strato di “ozono si è ridotto a un colabrodo”) esiste, non è un concetto metafisico.

Ma guardiamoci intorno, meravigliamoci per quello che vediamo. E non scordiamoci della vera pietà, quella senza bandiere o stendardi religiosi.

Ritroviamo poi la simil-omelia. Perché siamo al mondo? La risposta potrebbe essere un tantino fatalista. Ma attenzione, qui non si parla tanto di sofferenza più o meno autoinflitta, a testa bassa.

Qui si tratta di una scelta, tra rimboccarsi le maniche e cercare di elevarsi verso il “bene superiore” o stare al mondo solo “per godere” (qui visto nella sua accezione più infima, più o meno come nei già citati versi: “non è tanto il sesso a consolare l'uomo dal suo pianto, ma l'amore buono ed il perdono santo del Signore”).

Stacco.

Il dito ora è puntato verso l’inquilino solitario che appare sempre più ridicolo nella sua paura immotivata.

《So che sei lì dentro / Non ti muovi ma ti sento / Oggi te la cavi, sì / Ma non finisce qui.》

Sarà la storia, banalmente quella di tutti i giorni, a darmi ragione. Non è un anatema il mio. Io sono solo un “indegno messaggero”.

Che tu possa ritrovare il “senso immenso” … della tua vita.

 

(Pinguino)

 ESCAPE='HTML'

Testo


Apra la sua porta, faccia presto
Non importa cosa crede lei di questo movimento
Ma l'avverto che al suo posto non ci penserei due volte
Dato l'imminente arrivo di gesù
Perché poi non torna più
Mi son reso conto che serpeggia tra i credenti il malcontento
Per la pioggia di mancati appuntamenti
Nei millenni ma si metta nei suoi panni
Quell'incetta di pianeti da salvare
Di pianeti da salvare
Possa la bontà del vostro cuore riscoprire che la verità
Si cela spesso dentro una persona sola
E non è tanto il sesso a consolare l'uomo dal suo pianto
Ma l'amore buono ed il perdono santo del signore
Lasci che le spieghi in due parole
Com'è facile sentire gli echi bassi ed immorali
Di comportamenti frivoli e meschini
Quali certi omini in abito da donna
La vergogna che neanche gli animali
Apri un istante e ti farò vedere io
Che nasce sempre il sole dove cerco dio
In tutti i poveretti che hanno perso
Il senso immenso della vita
Non chiedo mica un regno intero, dico io
Sono un indegno messaggero e cerco dio
In chi vendette onore per denaro
E ora nel cuore mette un muro
Lei non si dimostra
Illuminato dalla grazia
Della vostra santa vergine Maria
Lo chiami pure, se ritiene
Il capo della polizia
Ma a chi conviene tutta quella baraonda
Se l'ozono si è ridotto a un colabrodo
E basta un solo farabutto
A fare in modo che dell'uomo non rimanga neanche l'ombra
E poi ficcatevelo in testa
Non si viene al mondo tanto per godere
Ma soltanto perché un bene superiore ci ha creati
Apri un istante e ti farò vedere io
Che nasce sempre il sole dove cerco dio
In tutti i poveretti che hanno perso
Il senso immenso della vita
Non chiedo mica un regno intero, dico io
Sono un indegno messaggero e cerco dio
In chi vendette onore per denaro
E ora nel cuore mette un muro
So che sei lì dentro
Non ti muovi ma ti sento
Oggi te la cavi, sì
Ma non finisce qui
In tutti i poveretti che hanno perso
Il senso immenso della vita
Non chiedo mica un regno intero, dico io
Sono un indegno messaggero e cerco dio
In chi vendette onore per denaro
E ora nel cuore mette un muro